Recitare da protagonisti in un film “vero”, diventare pizzaioli, imparare il mestiere di elettricista…. Sono alcune delle possibilità che l’attuale gestione dell’Istituto Penale Minorile offre ai giovani in esso ristretti.
La direttrice, Maria Randazzo, ha avuto coraggio, ha firmato protocolli di intesa con scuole ed enti di formazione e sta cercando di offrire ai ragazzi due cose: una esperienzadi vita più ricca, significativa e stimolante di quella da cui i giovani provengono e la possibilità di acquisire competenze che possano essere spese, una volta fuori, nel mondo del lavoro.
Il tutto condito con una buona dose di allegria, di creatività e da relazioni umane più varie e interessanti.
Un gruppo di ragazzi ha avuto modo di sperimentare la novità e di riflettere sui rischi rappresentati da certe frequentazioni e da certe ambizioni, nel momento in cui ha contribuito a realizzare, partecipando anche alla sceneggiatura, il cortometraggio “Ti aspetto fuori”.
Alcuni hanno vissuto l’esperienza della varietà rispetto alla monotonia quotidiana e la soddisfazione di vedere apprezzati (e “gustati”!) i risultati del loro lavoro a conclusone del corso per pizzaioli tenuto dagli esperti del Cnos, come racconta Pinella Leocata ne Una pizza per un nuovo futuro
A partire dal 15 Aprile, un altro gruppo parteciperà ai corsi di “Operatore grafico multimediale” e Installatore e manutentore impianti elettrici”, nati da un Protocollo d’Intesa stipulato dall’IPM con l’ITIS “S. Cannizzaro” di Catania e il C.I.R.P.E ( Ente di Formazione Professionale).
Il percorso sperimentale di istruzione e formazione professionale, di durata triennale., coinvolgerà 7 ragazzi in possesso della licenza media.
La speranza è che questa esperienza formativa non rimanga valida solo all’interno della struttura penitenziaria, ma offra concrete possibilità di essere spesa fuori, nel mondo del lavoro.
La sfida è proprio questa: che i ragazzi siano attrezzati, e non solo per le competenze professionali acquisite, ad affrontare il momento del ritorno nel mondo esterno. Non è un obiettivo facile.
Si tratta di giovani che provengono in genere da ambienti deprivati sia umanamente, a causa di famiglie disgregate, sia culturalmente. Non solo, infatti, hanno spesso abbandonato la scuola senza aver raggiunto un adeguato livello di alfabetizzazione, ma hanno introiettato valori e codici tipici delle sottoculture marginali e devianti.
A questo si deve aggiungere il desiderio di possedere gli oggetti che sono diventati lo status simbol della nostra società sempre più consumistica (abiti griffati, telefonini di ultima generazione, moto potenti) e che altri giovani, provenienti da famiglie più fortunate, possono procurarsi ed esibire senza bisogno di ricorrere a comportamenti criminali come il furto, lo scippo, la rapina, lo spaccio.
Per i ragazzi che delinquono, il bisogno di “valere”, di essere apprezzati si concretizza nel desiderio di essere simili ai modelli proposti dalla pubblicità, così come accade ai giovani protetti, e speso viziati, delle famiglie della buona borghesia.
Pensare ad un reinserimento è difficile, ma lavorare per porne le premesse è un impegno che non solo l’ente penitenziario, ma tutta la società dovrebbe fare proprio. Guarda la galleria fotografica:
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