Ci aggiriamo fra i banchetti, con al centro quello con i prodotti della scuola ospitante. Prevedibili quelli di verdure, pochissima la frutta, a motivo forse della stagione di passaggio, molti (troppi ?) quelli di bigiotteria e oggettistica fai da te. Gli stand più attraenti ci sono sembrati quelli dedicati ai formaggi, in particolare quelli ricavati da latte di capra, che offrivano una varietà di prodotti originali che testimoniano una grande capacità di coniugare tradizione e innovazione, oltre che qualità.
Mancavano, almeno in questa occasione, gli stand dei gruppi di acquisto solidali e in genere quelli a carattere educativo.
Alcune osservazioni vorremmo però condividere. Si tratta di una manifestazione certamente importante ma che resta di nicchia, espressione di una cultura di pochi che non riesce a mettersi in dialogo col resto della città.
Anche perchè in diversi casi i prezzi non sono proprio popolari: ad esempio per quale motivo un chilo scarso di pane di semola, per quanto biologica, deve costare la bellezza di 5 euro, o un mazzo con tre piccoli finocchi deve valere 1,5 euro? Forse si approfitta del fatto che l’acquirente di questi prodotti è disposto a pagarli a qualsiasi prezzo, a prescindere? Non vale anche in questo caso, anzi a maggior ragione, il principio del consumo critico?
E’ importante, invece, che non solo si realizzi un ritorno ad un uso più naturale delle risorse agricole ma che si diffondano in modo convincente una cultura e dei comportamenti alimentari condivisibili da un sempre più ampio numero di persone.
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