Oggetto del concorso era la stesura di un progetto di legge mirante a contrastare il fenomeno del racket, progetto che è stato presentato dagli stessi ragazzi nel corso di un convegno svoltosi lo scorso 13 febbraio presso lo stesso Istituto.
Interessante il percorso didattico seguito: partendo dalla visione del pizzo quale tassa pagata alla mafia per sostenerne le attività criminali, oltre che i bisogni materiali degli affiliati, i ragazzi si sono resi conto che l’estorsione costituisce una vera emergenza nazionale, che non riguarda più solo il Meridione, in quanto pesa sull’intera economia del paese e sulle opportunità di sviluppo di interi settori della società.
Hanno quindi ricostruito il percorso che, partendo dalla Costituzione,attraversa tutte le normative che sostengono e incoraggiano le attività delle associazioni antiracket, si sono confrontati con le proposte di legge attualmente in discussione al Parlamento e hanno trovato di particolare interesse la recente legge della Regione Sicilia che prevede sgravi fiscali per le imprese che decidono di denunciare le richieste estortive di cui sono fatte oggetto oltre che la decisione della Confindustria siciliana di comminare sanzioni, che possono giungere fino all’espulsione, per gli aderenti che paghino il pizzo o non segnalino le pressioni ricevute.
La proposta di legge degli studenti catanesi fa leva quindi sulla convinzione che l’attività estortiva limita gravemente la libertà di iniziativa economica, come ha sottolineato recentemente anche una sentenza del Tribunale di Caltanissetta.
Un modo non astratto e moralistico ma concreto e operativo di trattare un grave fenomeno che ostacola, come una palla al piede, lo sviluppo civile ed economico della società meridionale e compromette le stesse possibilità di lavoro dei giovani.
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